lunedì 23 aprile 2007

Quello che non ci fanno vedere

Finalmente l’informazione italiana si riscatta: e rieccoli, i “giornalisti”. Quelli che hanno ben pensato di mantener vivo, in Italia, quel “giornalismo d’inchiesta” che sempre meno veniva esercitato, quelli che sono stati querelati dal nostro caro vecchio presidente del consiglio (a proposito:qualcuno potrebbe ricordare al sig. Berlusconi come si sono concluse le querele da lui avviate?), quelli che hanno deciso di salire nuovamente sul palcoscenico, stanchi, forse, di essere stati per troppo tempo”dall’altra parte”: li, seduti, inermi, a guardare il “grande” spettacolo di una televisione ormai divenuta priva di qualsiasi riferimento morale, principio etico, divenuta la televisione dei talk show e dei reality, dove la cosa più interessante da guardare alle 3 di pomeriggio è diventato (davvero, questa volta) ammirare le vicende della famiglia Simpsons su Italia 1 ( se me lo permettete.. credo sia rimasto l’unico programma ancora guardabile su quella rete). Parlavamo di “giornalismo d’inchiesta”. Cambia il governo, e cambia la TV. E così a “Che tempo che fa”, Fazio si intrattiene in conversazione con l’On. Ingroia, mentre Santoro, ad “Annozero” , felicemente discute con un acclamatissimo Marco Travaglio, che qualcuno aveva dato per disperso (anche se, infondo, bastava comprare qualche libro, o il settimanale “Micromega” per non dimenticarsene, ma questo, gli italiani, da grandi smemorati, non lo ricordavano). Ecco dunque nuova gente in tv, e non solo: ecco nuovi temi. Si parla , finalmente, di argomenti da molti dimenticati nell’armadio (solita disattenzione degli italiani…), che qualche politico aveva (ben) pensato di non appuntare tra i vari impegni della sua agenda. Si arriva a parlare (pensate un po’) di mafia. Si, avete capito bene : MAFIA. Da quanto non accadeva? Tanto, troppo….Ed “Annozero”, addirittura, dedica una trasmissione intera alla ‘ndrangheta. Ero incollata alla TV, quella sera: mi sentivo, in un modo o nell’altro, anch’io protagonista di quella trasmissione: ero curiosa di vedere chi ci sarebbe andato, nel salone di Santoro.. curiosa di ascoltare cosa e soprattutto COME sarebbe stata raccontata la realtà della Calabria, che poi, altro non è che è la MIA realtà. Così accendo il televisore, sono ancora le 21, non ho perso nulla. Iniziano i primi servizi, le prime interviste. Subito c’è qualcosa che mi colpisce: tutti i calabresi intervistati, tutti, dicono di non conoscere bene il meccanismo su cui si basa la ‘ndrangheta. Ammettono di ignorare, di non aver visto, di non aver sentito…così penso: beh, nel prossimo servizio sarà diverso. Ed invece, tutto come prima. L’immagine che passa è quella del calabrese omertoso, dell’operaio che lavora in una ditta di proprietà di un mafioso, ma che ne è all'oscuro (un po’ come Cuffaro , che parla con Aiello ma che - poverino… - ignora che costui è una persona imputata di far parte dell’associazione mafiosa Cosa Nostra), o ancora della signora che vede la telecamera ma preferisce nascondersi, non parlare, non farsi inquadrare..Allora mi sono chiesta: ma cosa penserà il resto dell’Italia? Basterà Aldo Pecora con i suoi ragazzi di Locri a risollevare la situazione? Saranno sufficienti le parole dell’On. Minniti per giustificare la collusione della politica alla mafia? La risposta, almeno la mia, è no . Ed è no perché Aldo Pecora, il microfono, non ce l’aveva sempre acceso, e non poteva intervenire quando lo riteneva necessario (e ciò è accaduto anche nella scorsa puntata, con i ragazzi di Napoli). È un no,il mio, perché l’On. Minniti non è la persona giusta per rappresentare una politica pura e senza incrinature.E il calabrese.. chi è? che fine fa?che immagine da?Ecco allora che non riesco a tacere. Devo dire la mia e lo devo fare perché lo sento, perché è un mio diritto ma soprattutto un mio dovere: da calabrese, da persona che lotta contro una realtà che la soffoca, da ragazza che si impegna per migliorare ciò che ha intorno, e che non le sta bene, ma con cui deve convivere, non fosse altro perché è la MIA realtà, la MIA terra, i MIEI problemi. Avrei voluto far parte degli ospiti, quella sera: avrei chiesto a Santoro cosa pretendeva che rispondesse quell’operaio di fronte ad una telecamera che lo mette in contatto con tutta Italia, che lo espone a rischi per qualcuno immaginabili. Questa è omertà? No, questa non è omertà, quella è PAURA, che è ben diverso. Si: perché è vero, in Calabria ci sono gli omertosi, ma ci sono anche gli spaventati, gli impauriti, i senza possibilità di scelta.. Mettetevi nei panni di quell’operaio: da un lato, avere la sicurezza di uno stipendio stabile al mese, seppur lavorando nella ditta del mafioso del suo quartiere. Uno stipendio con il quale fare vivere la sua famiglia. Dall’altro, la possibilità di andare a spiattellare tutto alla telecamera, rischiando di essere licenziato in tronco il giorno dopo, nel migliore dei casi. Rischiando di non aver più i soldi e le forze di permettere alla sua famiglia uno stile di vita (quantomeno) dignitoso. Alternativa? Mi dispiace , non mi viene in mente nulla.. provate a venire a cercare lavoro qui, forse riuscirete a capirmi . Sono queste le scelte che la maggior parte della gente, qui, è costretta a fare. Scegliere, si! scegliere di avere una vita tranquilla, assecondando il potere mafioso, o scegliere di combatterlo, quel potere, ma rinunciare ad un lavoro, ad una stabilità economica (seppur minima), a volte, convivendo con il timore di alzarsi, una mattina, e trovare il proprio negozio bruciato. Credete forse sia facile compiere una scelta del genere? Che alternativa aveva nel rispondere, quell’operaio?Mi dispiace essere così dura e cruda, non mi piace farlo e vorrei non ce ne fosse bisogno. Ma mi sono sentita colpita, toccata in un qualcosa che mi riguarda da vicino, da persone verso le quali nutro molta stima, e sul lavoro dei quali confido parecchio. Parlo dell’On. Santoro, che grazie alla sua trasmissione, settimanalmente pone l’ accento su aspetti troppe volte sottaciuti, ignorati.. ma vorrei che ciò fosse fatto con cura, altrimenti si rischia di far passare messaggi poco veritieri, e io per prima confido nell’idea che non sia questo lo scopo del programma! La realtà va raccontata in maniera obiettiva, è questo che credo fortemente anch’io, ma per farlo c’è bisogno della dovuta conoscenza. E so che, capire taluni meccanismi ,per chi vive lontano da qui, può risultare difficile o addirittura impossibile. Quell’operaio, non avrebbe potuto dare una risposta diversa, ma io si. Io, come tantissima altra gente che in questo sud lavora e combatte per la giustizia. E per mettere in risalto il lavoro di tutta questa gente, non è sufficiente un microfono semichiuso o un intervento sfuggente. Ci tenevo a fare questa osservazione, perché è bene far sapere che di ogni medaglia ci sono 2 facce, entrambe con lo stesso valore e la stessa importanza. Ed in Calabria c’è una faccia che si chiama legalità, e che tiene uniti migliaia di ragazzi caratterizzati dalla voglia di riscattarsi, qui ed ora. Ma da soli, non ce la faremo. Se lo Stato non scende in campo, la situazione sopra descritta difficilmente cambierà. Quell’operaio continuerà a sentirsi disarmato di fronte a certe situazioni, e non spetta a me, a noi ragazzi impedire che ciò non accada. Non siamo noi cui compete di assicurare dei posti di lavoro, degli stipendi adeguati, una vita rispettosa, dei diritti garantiti. Forse sarebbe più giusto avviarsi per le strade del palazzo della Regione, o nei corridoi di Palazzo Madama, ed intervistare chi davvero avrebbe il dovere di darci delle spiegazioni, gli stessi che dovrebbero lasciare i microfoni sempre accesi, e assumersi delle responsabilità, mettendo la propria faccia sullo schermo di tutta Italia, senza ipocrisia..Credo che il Sud sia molto peggiore e molto migliore di come lo descrivano…penso che al Sud ci sia tantissima gente che abbia voglia di dire la sua, di GRIDARE la voglia di riscattarsi, la convinzione di aver deciso da che parte stare, “sempre e per sempre dalla stessa parte…”

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